Per noi italiani oggi l’aperitivo è un rito da compiere almeno una volta a settimana.
Ma vi siete mai questi come e quando nasce la moda dell’aperitivo?
Per saperlo dobbiamo tornare indietro addirittura di oltre due secoli, passeggiando per le vie della Torino del 1780, sotto i portici della centralissima piazza Castello. Qui il signor Antonio Benedetto Carpano creò il Vermouth, un vino aromatizzato al alta gradazione (mai sotto il 16%), ottenuto mixando vini bianchi secchi, zucchero, alcool e infuso di assenzio. Carpano aveva solo un obiettivo in testa: stuzzicare l’appetito in vista della cena. Lo dice l’etimologia stessa del nome; aperitivo, da “aperire”, cioè iniziare qualcosa. Le erbe amare che si trovavano all’interno del Vermouth servivano infatti a stimolare le ghiandole dello stomaco. Molto tempo prima gli antichi Romani stimolavano la fame ingerendo mosti fermentati con carciofo; gli Assiri con il vino di palma e il Pellerossa con il succo d’acero fermentato. Un rituale antico come il mondo quindi.
Ma tornando al Vermouth, il liquore del signor Carpano divenne l’ingrediente primario di altre bevande storiche, come il Martini, composto appunto da gin e vermouth.
L’indice di gradimento fu tale da rendere famosa al mondo la casa produttrice Carpano e la stessa Torino, in poco tempo affermato centro di produzione dei più famosi vermuttieri.
Ma fu nel 1815 che a Milano si introdusse il primo aperitivo a base di vino; idea del signor Ramazzotti, che decise di porre a infusione nell’alcool ben 33 fra erbe e radici. Il rito dell’aperitivo si diffuse quindi per tutto l’Ottocento, raggiungendo le altre città del nord come Genova e Venezia, per poi scendere lungo la penisola e conquistare le abitudini di fiorentini, romani e napoletani, con l’aggiunta degli imperdibili salatini, verdurine sott’olio e aceto, olive e tartine farcite.
Ma Firenze merita una menzione a parte. Al Bar Casoni (oggi Caffè Giacosa), nel 1919, il Conte Camillo Negroni e il barman Fosco Scarselli inventarono il Negroni: il Conte trovava troppo leggero l’Americano e chiese al bartender di sostituire l’acqua di seltz con del corposo gin. L’Americano alla moda del conte Negroni divenne poi il celebre Negroni.
Le prime influenze estere si ebbero negli anni Cinquanta, quando i barman dei grandi hotel frequentati da clienti statunitensi, meno abituati alla tradizione vinicola, iniziarono a proporre cocktail shakerati, come il Negroni, l’Americano, lo Sbagliato, il Bloody Mary. Negli anni Ottanta, tendenza che arriva fino ad oggi, il testimone è passato alla città da bere per antonomasia, Milano, divenuta ormai capitale dell’aperitivo, fenomeno di aggregazione sociale di larga scala.